Baku è la nuova Parigi

…ed il suo pane è ancor meglio… e sacro!

Azercay è il mio tè preferito. Niente di speciale, si tratta semplicemente di Tè nero, ‘Azeri Chai’ il ‘Tè dell’Azerbaijan’. Ha un grado perfetto d’ intensità, un delicato colore ramato e lo trovo facilmente in tutti i paesi che facevano parte dell’ex Unione Sovietica dove solitamente passo gran parte del tempo.

Azercay

In Azerbaijan lo bevono in eleganti piccoli bicchierini di vetro sottile dal fondo tondeggiante, come in Turchia ed usano zollette di zucchero semolato, come in Iran, ed a volte ci aggiungono della marmellata anziché zucchero come….mmm come solo in Azerbaijan! 

La bevanda preferita del paese cresce nella fertile area lungo le coste Meridionali del Mar Caspio al confine con l’Iran. Di fianco alle coltivazioni di tè si aprono lande aride e desolate e poi montagne e di nuovo deserti brulli e sterili costellati di Vulcani di fango e pompe petrolifere, due elementi di cui l’Azerbaijan abbonda. 

La ‘sorella’ meno conosciuta dei paesi del Caucaso ha la forma di un’aquila e sembra essere in volo tra il lago salato più grande al mondo e le possenti ed eleganti montagne del Caucaso.

Devo essere sincera: nemmeno io ne sapevo molto di Baku e Azerbaijan prima di volarci dentro.

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Atterrando nel deserto e poi a 28 metri sotto il mare 

Il mio volo è atterrato all’aeroporto internazionale Heydar Aliyev (così chiamato in onore dell’ ex Presidente) considerato uno degli aeroporti più belli al mondo. All’interno vetro e materiali ispirati alla natura si alternano in forme del tutto inusuali ma incredibilmente bilanciate tra di loro, aspetto che noterò molto spesso più tardi in città. Il ‘gate’ d’ingresso del paese mi è parso decisamente impressionante per uno stato visitato annualmente da soli 3.5 milioni di turisti e, probabilmente, conosciuto da non molti di più.

L’aeroporto era incredibilmente tranquillo, quasi silenzioso, la temperatura esterna cocente e il sole ardente ma, non dimentichiamoci che era Agosto ed ero atterrata praticamente in un deserto.  Ho comprato la Bakucard appena fuori l’uscita in un distributore automatico per soli 3 Manat (1.5 Euro) che mi sarebbero poi bastati per molte corse in metro oltre che per il comodo ed efficiente servizio shuttle dall’aeroporto. Saltai sull’autobus in partenza ed in mezz’ora ero già nel centro della città più popolosa del Mar Caspio e la più ‘bassa’ al mondo: 28 metri sotto il livello del mare. 

Avvicinandomi alla città pensai ad un paese in cui si parla una lingua Turca ma anche un pò di Russo (retaggio dell’URSS), dove gli abitanti sono Musulmani Shiti (come in Iran e Iraq) ma senza essere uno stato Islamico e dove il petrolio ha aperto le porte alla modernità ed al benessere. Quando viaggio non ho mai aspettative ma mi piace immaginarmi la cultura, i visi delle persone, i sapori… Sapevo che l’Azerbaijan era circondato da alcuni dei miei paesi preferiti come Armenia e Georgia che l’Islam ne era la religione principale, i suoi abitanti bevono tè e la città è adagiata sul mare. Questi pochi punti erano già abbastanza per farmi piacere Baku. 

Nel cuore della città, a pochi passi dalla trafficata Piazza 28 Maggio, di fianco ad un panificio le cui vetrine vantavano pane fragrante e brioche soffici c’era un arco attraverso il quale si entrava in uno di quei cortili in perfetto ‘stile Caucasico’ con tanti balconi di ringhiere arrugginite e traballanti e pergole rinsecchite dal soffocante caldo estivo. Al secondo piano si trovava il mio Ostello, uno dei migliori in cui abbia soggiornato in questi anni e ve lo dice una che, più il tempo passa e meno ama quei dormitori affollati di chitarre, pacchetti di biscotti aperti e puzza di piedi. Ma, il bello di viaggiare in destinazioni meno battute sta anche nel trovare dormitori completamente vuoti ed avere così una camera privata per pochi Euro. 


Baku è come la Baklava 

Ho aspettato che il pomeriggio passasse e che il sole si avvicinasse allo specchio calmo e perlato delle acque del Caspio prima di avventurarmi nella capitale. Come si può facilmente immaginare la primavera e l’autunno sono le stagioni migliori per esplorare la città ma anche l’intero paese, se si vuole evitare il caldo intenso dell’estate. Se siete degli amanti dei pomeriggi silenziosi ed assonnati in quell’atmosfera da siesta ed amate le strade che si riempiono al tramonto come piace a me allora vale la pena di sopportare qualche grado in più, specialmente se ci si può rifugiare all’interno di uno dei tanti, gratuiti (in gran parte) ed architettonicamente singolari musei.

Baku è come un pezzo di Baklava (delizioso dolce di pasta fillo, miele e noci e dalle migliaia di varianti): presenta moltissimi strati, dalla diversa consistenza e ripieno, è molto dolce ma mai stomachevole, ricchissimo e dalla grande varietà di elementi all’interno che si bilanciano perfettamente e ti portano ad amarlo dal primo morso. Come la Baklava anche Baku ha tanti diversi strati, sapientemente affiancati l’uno all’altro per valorizzarsi a vicenda. Camminando nel  centro della città si assiste ad un vero e proprio bombardamento di segnali, tracce, reperti risalenti a diverse ere, culture, religioni, architetture.    

Baku è figlia del benessere derivato dal Boom del petrolio degli ultimi decenni ed uno dei suoi tanti ‘strati’ cittadini lo mostra molto bene. A volte la città viene paragonata a Dubai per la sua crescita veloce e le strutture moderne, ma no. Qui c’è qualcosa in più che la rende una città meravigliosamente piacevole da esplorare: la sua storia. 

Baku è sempre stata un crocevia, per terra e per mare, è stata parte di molti imperi diversi, i Persiani, gli Arabi, gli Ottomani ed infine anche i Russi… E’ stata Cristiana, Zoroastra, ed alla fine Musulmana. La sua storia è passata attraverso diversi governi e diversi livelli di ricchezza e benessere e tutto questo oggi si mostra con orgoglio e rispetto davanti ai nostri occhi mentre camminiamo lungo l’affollato lungo mare nelle calde serate estive.

La città, che ospita il 25% della popolazione totale dell’Azerbaijan, sembra respirare attraverso quello specchio di acqua grigio del Mar Caspio. Sembra allungare lo sguardo all’orizzonte ancora in attesa di navi, novità o magari un nuovo entusiasmante futuro e sembra averlo fatto per secoli. Sulle sponde opposte si trova il Turkmenistan, ed il cuore del Centro Asia, terre che sembrano, culturalmente così lontane e diverse. Baku però si volta anche dall’altra parte guardando all’Europa sentendosi un po’ più ‘Occidentale’ degli stati vicini, ma sempre tenendoli per mano e continuando a parlare un pò di Russo.

Gatti a guardia di mattoni Gialli: la città vecchia

Baku è una città perfetta da esplorare a piedi. Il suo cuore è un dedalo di strade pedonali affollate di Caffè Europei, Shisha Bar, fast food, ristoranti tradizionali nascosti nell’interrato di qualche ex caravanserai. Quando il sole scende e il cielo si trasforma in un arcobaleno di sfumature viola, il vetro dei grattacieli moderni in cima alla città vecchia si accende di milioni di led e la notte ospita un light show visibile da ogni angolo della città. Ci sono eleganti fontane ed artisti ad intrattenere lungo gli spaziosi boulevard, uomini di ogni età giocano a scacchi giganti muovendo pedine enormi mentre la città sembra essersi svuotata sul lungo mare a mangiare popcorn e gelato Turco venduto ad ogni angolo da chiassosi e sorridenti Azeri. Haijabs e skinny jeans si spartiscono lo stesso marciapiedi, mentre i volti delle persone mi ricordano le delicate ed attraenti caratteristiche facciali dei cugini Iraniani. Mentre si passeggia sembra di trovarsi in un’ oasi Iraniana ma libera, senza le oppressioni indotte dallo stato Islamico. 

Baku at night

Il Museo del Tappeto è verso la fine del lungo mare, sotto la collina dei martiri. E’ senza dubbio una delle strutture più interessanti, particolari, attraenti ed uniche che abbia mai visto. Si tratta di un edificio a forma di tappeto, ospitante (indovinate un pò??) il museo del tappeto. 

Il cuore di Baku, anche topograficamente è la città vecchia dove si trova la Maiden Tower ed il Palazzo di Shrivenshah entrambe patrimonio Unesco. Rispettivamente risalenti al XIII e XVI secolo fanno parte di quel ‘primo strato’ della Baku che ci ricorda un passato Pre Islamico di Zoroastrismo (la torre) e di tempi medievali sotto il controllo di famiglie Arabe successivamente ‘Persianizzate’ (gli Shirvan). Il lavoro di restauro, forse leggermente eccessivo, tuttavia non diminuisce il fascino di queste strutture perfettamente inglobate nella città vecchia con il suo labirinto di vicoli contorti ma ordinati, puliti, dai muri di mattoni gialli sui quali famiglie di gatti pigramente fanno la guardia al vicinato. Le arterie principali della compatta città vecchia  sono oggi un susseguirsi di colorati negozi di souvenir e tappeti dove i proprietari non sono ancora troppo invadenti, i turisti ancora pochi e la gente locale incredibilmente ospitale ed amichevole (proprio come i vicini Iraniani e Caucasici).

Tramonti di vetro e pane ‘penzolante’: la Baku ‘nuova’ e quella moderna 

Per me Baku è una città da tramonto. Non da tramonti smielati sul lungo mare ma quelli che si accendono di vita: le luci, l’acqua, il vetro, i mattoni gialli, le colline da salire ed i vicoli in cui perdersi. La città si trasforma in una perla scintillante che riempie le serate e supera le aspettative. Le Flame Towers sono ora il simbolo della città, alzandosi maestose sulla cima di quella vecchia. In qualche modo il vetro sinuoso si combina proprio bene con i mattoni gialli dei palazzi appena sotto. Le torri sono visibili da qualsiasi angolo della città, soprattutto dopo il tramonto, quando, illuminate da migliaia di led cambiano costantemente colore e disegni.

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In cima alla Collina dei Martiri, alla base delle Flame Towers si trova la vista migliore della città e dei cittadini. Da lassù lo sguardo si perde lungo la costa percorrendo il lungo mare punteggiato di eleganti e moderne strutture. Ma lo sguardo migliore lo si ha al mattino presto, quando il lungo mare è silenzioso e vuoto, il sole già alto ma non soffocante e la brezza ancora generosa. Baku è probabilmente la mia città ‘da corsa’ preferita che mi permette di correre in canottiera, unica eccezione lungo l’intera Via della Seta.

Lasciando le boutique di lusso ed il traffico di Ferrari e Lamborghini della ‘vecchia’ e scintillante parte della città, mi piace camminare verso la parte più nuova e Russa. Qui, camminando s’incontrano case dallo stile molto Caucasico coperte da pergole e balconi sporgenti che lentamente sono state sostituite da bassi ed ‘efficienti’ condomini in stile Urss. Isolate Lada sono ancora parcheggiate lungo le strade soleggiate, minuscoli negozi di alimentari scompaiono all’interno di porticine e borse di pane raffermo “penzolano” dai rami degli alberi lungo il marciapiede. Il pane è sacro per gli Azeri, non viene mai buttato ma piuttosto appeso agli alberi per gli animaletti ed uccelli che passano a fare colazione quotidianamente. Il pane è uno degli alimenti base della varia e saporita cucina tradizionale. Come sempre, vi sono decine di tipologie di pane, ma il Tandir è senza dubbio uno dei più popolari. Esatto, il nome, ma anche il pane in sé, ricorda ‘Tandoori’ ed è esattamente lo stesso procedimento di preparazione e cottura in grandi forni verticali (siamo sempre lungo la Via della Setta dopotutto!). A proposto di Via della Seta, nella stessa zona si trova il Taza Bazaar, principale mercato della città a ricordarci il passato mercantile e di crocevia di Baku. Ci si perde tra il Cardamomo Indiano, verdure locali, noci Georgiane, albicocche dall’Uzbekistan e zafferano Iraniano prima di scendere di nuovo verso la Hipster downtown di bar Italiani che servono Espresso, insalate di Quinoa di fianco a bancarelle di libri vintage e gallerie d’arte contemporanea.  Qui mi piace sedermi all’ombra in uno dei tanto parchi spaziosi, dalle fontane imponenti e fiori ben curati.

Mi mangio un Qutab comprato al volo in uno dei tanti panifici lungo la strada. La mezzaluna di pasta di pane leggera e sottile è ripiena di erbe locali ed è perfetta accompagnata dal rinfrescante Ayran (yogurt diluito con l’aggiunta di un pizzico di sale, consumato in grande abbondanza dalla Turchia alla Cina).  Una merendina leggera in vista di una cena Azera o meglio un esuberante banchetto di una cucina unica che combina sapori dai paesi e culture vicine e riempie tavolate di Plov (riso preparato con carne, la cui versione cambia da paese a paese lungo l’intera Via della Seta), kebabs d’agnello, Dolma (verdure ripiene), formaggio locale, Insalate freschissime, zuppe, pane di qualsiasi tipo, desert ricchissimi…

Azeri cuisine

Un pò fuori dal centro, verso Est, donne camminano sulla superficie bianca, abbagliante nel sole del pavimento liscio e splendente all’ingresso di uno dei simboli della città moderna ed una delle opere architettoniche più eleganti e sorprendenti al mondo.  Il design e le forme del Centro Heydar Aliyev, progettato da Zaha Hadid, sinuosamente ci ricordano Baku: rotolando e galleggiando su diverse superfici, strati, stili, idee e passati storici, culture ed accogliendoli tutti, mantenendoli nelle loro unicità. I chador neri delle donne svolazzano nel vento e si stagliano contro il bianco della struttura che si apre e si piega. 

Il centro è il fulcro culturale della città ed ospita mostre, eventi, concerti.

Ritorno in centro e mi fermo per una Dovga una specie di zuppa tiepida/fredda a base di Yogurt, erbe e ceci il cui sapore è decisamente migliore della sua descrizione ed è perfetta per i caldi giorni estivi. Ritorno a perdermi nei vicoli alla ricerca di altra bellezza, impresa facile a Baku. Non è difficile immaginare come questa perla del Mar Caspio sia stata contesa da diversi imperi nei secoli passati e da nuovi investitori ed ‘inseguitori di bellezza’ al giorno d’oggi.

Baku è tutt’ora un tesoro sconosciuto che ti accoglie, abbraccia e ti coccola, mostra le sue ricchezze, accende le luci ogni sera, balla lungo le strade, ti serve un banchetto ad ogni pasto e ti sorprende e cattura con forme moderne d’inaspettata bellezza. Ma il vero ‘wow’ deriva da qualcos’altro: da come unicamente la città sia stata in grado di accogliere, mescolare ed unire il nuovo, il diverso, lo sconosciuto aggiungendo elementi ai sui strati, uno alla volta. 

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In Pratica

Baku è perfetta anche solo per un weekend di due giorni. Nel caso di più tempo a disposizione l’aera nei dintorni della città offre la possibilità di non annoiarsi: Il Parco Nazionale del Qobustan ospita la più grande concentrazione al mondo di vulcani di fango ed è raggiungibile in solo due ore di auto. Così come la penisola dell’Absheron dove si trovano il tempio Zoroastro di Ateshagah e la montagna di fuoco di Yanar Dag. Entrambe le destinazioni sono fattibili con escursioni in giornata da Baku.  

Cose da fare assolutamente a Baku oltre alle ‘solite’ idee  che trovate nelle guide

  • Fai un giro di 40 minuti in barca lungo le rive del Mar Caspio al tramonto per guardare il sole scendere dietro le Flames Towers. Biglietti e Barca si trovano all’attracco di fronte al Boulevard Mall, il costo è di 3 Man, l’orario dalle 16.30 alle 23 e la fila, abbastanza lunga.

  • Salta sulla funicolare (2 Man) o sali a piedi (opzione più veloce) alla collina dei Martiri, sempre al tramonto per la vista sulla città dall’alto.

  • Fai una corsa/ camminata al mattino presto sul lungo mare.

  • Fai una passeggiata di sera attorno a Fountains square.

  • Gusta un gelato Turco mentre passeggi sul lungomare.

  • Concediti una (o più) cena Azera accompagnata da musiche, canto e balli tradizionali al ristorante- Museo ‘Sirvansah’.

  • Opta per un vero caffe a ‘Coffe station’ (meno locale, più ‘Italiano in astinenza da caffeina).

  • Dai un occhiata al centro Heydat Aliev anche se non sei appassionato di arte o architettura.

  • Di ritorno dal parco di Qobustan fermati al Darya Fish restaurant per un tradizionale brunch domenicale Azero (anche se non sarà domenica!).

  • Usa la Metro!

  • Dormi al Freedom Hostel se cerchi una sistemazione economica, pulita, accogliente e super centrale.

  • “Entree” è perfetto se cerchi un panificio/cafe con grandissima scelta, brioche, caffe e super colazioni (molte “filiali” ed una di fianco al Freedom Hostel).






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